Davanti a Jonas e alla sua famiglia, ancora anni di difficoltà e discriminazioni, prima della libertà. Ascoltiamo le sue parole, talora venate di leggera ironia.

Gli ultimi raggi di un sole settembrino illuminano le sparse betulle del bosco. Le foglie palpitano ad incerti aliti di vento. Dai bordi della radura ci guardano statue, intagliate nell’intero tronco d’albero, come usa in Lituania. Volti sofferenti. In una, con sapiente effetto di prospettiva, file di donne tirano pesanti corde. Più in là, su un palo a somiglianza dei bracci della Croce, una semplice asse, scurita dalle stagioni, indica: Jakutsk 2000 km. Jakuzia, la regione della Siberia e il Delta del fiume Lena, oltre il circolo polare artico, dove furono deportati, dai Sovietici, migliaia di Lituani.

Jonas ci volle incontrare qui, al nostro primo incontro. È il luogo della memoria dei Lapteviečeai, i deportati del fiume Lena. Lassù, oltre il circolo polare. Jonas Markauskas è il presidente dell’associazione che li riunisce. Per Jonas gli stenti di quella deportazione furono, per molti anni, l’unico mondo conosciuto. Nacque in quelle terre della desolazione nel 1946, da genitori deportati. La volontà di tornare nella terra natale, di non piegarsi agli aguzzini, per la famiglia Markauskas si personificò in Jonas. Tornarono in Lituania nel 1956. Era la Patria sognata e per Jonas una terra favoleggiata nei racconti dei genitori. Una Terra Promessa, ma ancora sotto l’occupazione dei sovietici. Davanti a Jonas e alla sua famiglia, ancora anni di difficoltà e discriminazioni, prima della libertà. Ascoltiamo le sue parole, talora venate di leggera ironia.

Jonas Markaukas, nato sull’isola di Trofimovsk

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