La resistenza partigiana armata della Lituania contro il regime sovietico non fu solo una lotta contro l’occupazione e per l’indipendenza. Fu anche una battaglia morale per una visione del mondo completamente diversa, basata su valori nazionali e religiosi. Una lotta contro le ingiustizie e per i diritti umani.

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Intervista a Irena Vaišvilaitė, docente all’Università di Vilnius, Facoltà di Storia

Questa una sintesi di alcuni approfondimenti di Irena Vaišvilaitė, docente presso la Facoltà di Storia dell’Università di Vilnius, Dipartimento di Teoria Storica e Storia Culturale, che abbiamo intervistato per il nostro progetto dedicato alla figura del comandante Jonas Žemaitis e alla resistenza lituana.

Una lotta contro le ingiustizie

La propaganda sovietica cercava di trasmettere l’idea che la lotta partigiana fosse una sorta di banditismo, di guerra civile, che avrebbe potuto mettere in pericolo la popolazione. Non solo il regime.

Nella realtà la maggioranza della popolazione appoggiava i partigiani e li aiutava come poteva. Nonostante gli stessi cittadini rischiassero la fucilazione o la deportazione nei gulag.

“…Per i lituani – afferma Vaišvilaitė – La resistenza ha gettato le basi per il diritto della ricostruzione dello Stato nazionale, per il ritorno dell’indipendenza”.

Ne è la conferma la Dichiarazione stilata il 16 febbraio del 1949 in cui si affermava la legittimità della Lituania ad avere uno Stato indipendente e sovrano nelle sue decisioni.

La resistenza armata partigiana terminò nel 1953, quando l’evidente superiorità dell’Unione Sovietica ebbe il sopravvento.

Quel periodo storico, come la successiva resistenza non armata dei lituani, potrebbe servire a far comprendere all’Europa occidentale, quell’Europa aldilà della Cortina di Ferro, che esisteva, oltre al nazismo, un altro regime totalitario: quello sovietico/comunista.

“…Questo aspetto può servire per una migliore comprensione, finora non avvenuta, di quel periodo storico da parte del resto dell’Europa. Esisteva un autoritarismo come riconoscono i lituani, i lettoni, gli estoni, e gli altri popoli dell’Europa centrale. Il comunismo, come tale, era una ideologia totalitaria”.

Žemaitis e l’ideale partigiano

Jonas Žemaitis fu il leader partigiano che riuscì nell’impresa di riunire i gruppi combattenti sotto un unico comando. Fu un comandante abile, sostengono gli storici che combattè fino al sacrificio estremo. Fu ucciso dai sovietici nel 1954 nella prigione di Butyrka a Mosca.

“…Lui e i suoi compagni resistenti, le persone che furono uccise o tradite, già sapevano verso il 1950, 1951 che la loro lotta non sarebbe stata coronata dalla vittoria. Eppure continuarono fino alla fine per testimoniare a futura memoria la libertà della Lituania”.

Sotto il regime sovietico, dopo la sconfitta della lotta armata partigiana, non si poteva parlare della resistenza, ma la memoria del loro sacrificio era viva nelle famiglie lituane.

“…Credo di aver sentito parlare di Žemaitis verso la fine degli anni Ottanta, quando si iniziò a parlare dei partigiani… Poi negli anni Novanta, dopo l’indipendenza, è emerso tutto ciò che riguardava la resistenza”.

L’approfondimento di quel periodo storico, dei valori della resistenza, sono ancora in fase di studio, sostiene Vaišvilaitė. “…Continuano le pubblicazioni, si ritrovano documenti e diari. Adesso anche i giovani sanno molto di più sulla resistenza e ciò avviene anche in modo più sistematico. Si scoprono i rifugi, scavati sotto terra, dove si nascondevano i partigiani”.

Nei programmi scolastici si parla della resistenza. Ancor di più nell’Università.

“…Dibattiti e discussioni non mancano. Penso che sia impossibile essere lituani, crescere o maturare in Lituania senza venire a contatto con questo tema, con questa parte della storia e con le personalità più di spicco che ne hanno fatto parte. Come Žemaitis”.

Oltre a monumenti e memoriali, sostiene la professoressa, c’è ancora spazio per parlare di questo argomento attraverso la cultura. Ad esempio nel campo della musica, o attraverso film che non debbono essere necessariamente documentari, ma anche film a soggetto in cui si parla delle biografie di chi partecipò alla resistenza. O di coloro che vissero quel periodo.

La resistenza e l’Ucraina

I concetti alla base della resistenza lituana sono gli stessi che emergono oggi nella guerra russa contro l’Ucraina. il diritto di una Nazione al proprio Stato, alla propria indipendenza. Diritto di decidere la propria sorte. Allora fu una lotta anche anti-imperialista.

La resistenza contro il regime sovietico esisteva anche in Ucraina, nella parte Occidentale. E, afferma Irena, c’erano contatti tra i partigiani dell’una e dell’altra parte. Sebbene non strutturati.

Alcuni ucraini arrivarono a Vilnius nel gennaio del 1991 per difendere il Parlamento lituano sotto assedio sovietico.

“…La stessa etica anti-imperialista è riemersa in Ucraina durante le proteste di Maidan. E oggi abbiamo a che fare nuovamente con pretese imperiali da parte della Russia. L’Ucraina sta combattendo contro questo”.

Il progetto

L’intervista fa parte del progetto “Jonas Žemaitis, comandante della Lituania combattente”, ideato dall’Associazione “Baltika-Baltijos Istorijos” e LithuanianStories per ricordare la figura del comandante, con il prezioso supporto di Kotryna Buono e Ana Luisa Monse, pronipoti di Žemaitis.

L’iniziativa è parzialmente finanziata dal Ministero della Difesa della Repubblica di Lituania.

Il progetto prevede una serie di interviste video a personaggi della società civile della Lituania odierna: storici, esponenti delle istituzioni, semplici cittadini, persone che si interessano e tramandano la memoria della resistenza partigiana contro l’occupazione sovietica.

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Intervista a Irena Vaišvilaitė, docente all’Università di Vilnius, Facoltà di Storia
Žemaitis e la resistenza, Vaišvilaitė: una lotta morale

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